martedì 16 ottobre 2012

AUTOSVEZZAMENTO

Autosvezzamento, ovvero seguire l’stinto del bambino

Scritto il 15 Oct 2012 da Serena 13 Comments
Ospitiamo Andrea e Gloria di autosvezzamento.it, un sito “di genitori per genitori” che si occupa di alimentazione complementare a richiesta, ma anche di tutto quello che riguarda l’alimentazione dei bambini, la crescita, il rapporto col cibo e tanto altro. Vi segnalo, tra i tanti, i loro post sui bambini inappetenti, che aiutano a fare pace con un problema diffuso.
Che vogliate o meno provare l’autosvezzamento, che vogliate solo saperne qualcosa in più, che non ne abbiate mai sentito parlare e vi incuriosisce, leggete questo post che introduce con precisione all’argomento. Da qui potete prendere spunto per provare questo approccio all’alimentazione infantile.
Fatti preliminari
Senza scrivere un trattato, prima di parlare di svezzamento, anzi di AUTOsvezzamento ecco alcuni fatti che è bene tenere a mente:
1) Lo svezzamento “tradizionale all’italiana”, e con questo intendo tutto l’ambaradam di mais e tapioca, farine varie, omogeneizzati monogusto, ecc., è una creazione esclusivamente nostrana; basta varcare il confine e le versioni “tradizionali” dello svezzamento cambiano di conseguenza. Ad esempio, i liofilizzati per la prima infanzia non esistono al di fuori dell’Italia, e gli omogeneizzati cambiano completamente da paese a paese e contengono molti ingredienti considerati “proibiti” in Italia (uovo e pomodoro in primis).
2) Il calendario di introduzione degli alimenti è una creazione personale del pediatra di turno, di fatti ne esistono tanti quanti sono gli operatori sanitari (e non) che danno consigli in merito allo svezzamento dei bambini.
3) Non esiste niente in letteratura che supporti il modo di svezzare “tradizionale” italiano, che dica vadano usati omogeneizzati o farine, o che supporti l’uso di brodo di patata e carota.
4) Per quanto riguarda le allergie, la ricerca suggerisce fortemente che non c’è bisogno di ritardare l’introduzione di alcun alimento.
5) Dagli ultimi 10 anni o giù di lì c’è accordo che lo svezzamento vada iniziato intorno ai sei mesi, il che vuole dire che qualcuno inizierà a 5 e altri a 8-9 o, ebbene sì, addirittura più tardi.
Tanto per dare qualche riferimento, per chi fosse interessato ad approfondire, qui trovate le direttive OMS, quelle della UE e, udite udite, quelle del Ministero della Salute italiano. Da nessuna parte si legge che quello che il pediatra medio italiano dà per scontato sia minimamente necessario.
Pappe = perdita di tempo?
Chiaramente se si decide di svezzare il proprio bambino seguendo il metodo “tradizionale all’italiana” non ci sono problemi, in quanto di sicuro non ne morirà (neanche nei casi estremi, che purtroppo esistono, di bambini ingozzati a forza), ma bisogna rendersi conto che lo si fa per scelta personale, per soddisfare il bisogno del genitore e null’altro, in quanto non sta scritto da nessuna parte che seguire un metodo così apporti alcun beneficio al bambino.
Ma allora tutte quelle madri che hanno seguito le indicazioni del proprio pediatra hanno perso tempo? Sì e no… Sì perché hanno fatto qualcosa che non era necessario, ma molto dispendioso in termini economici e di tempo; no perché in fondo hanno fatto quello che ha detto loro il pediatra, per cui non possono certo essere colpevolizzate; la responsabilità risiede nella scadente informazione che troppo spesso ci viene data da chi ci dovrebbe invece aiutare, ma per cento motivi non lo fa.
Svezzamento Vs. Alimentazione complementare
Concentriamoci ora brevemente sul termine “svezzamento”: in letteratura questa è una parola che viene usata poco, mentre si parla di “alimentazione complementare”, espressione che sta prendendo piede anche in circoli più informali. Uno dei capisaldi dello svezzamento “tradizionale all’italiana” è di sostituire una poppata con un pasto “solido”, successivamente di sostituirne un secondo fino a che il latte non è stato eliminato del tutto o quasi. Il problema di questo approccio “dall’alto”, è che il genitore decide quando il bambino deve abbandonare il latte, non viceversa. Se invece parliamo di “alimentazione complementare” ecco che immediatamente sottolineiamo il fatto che il latte rimane l’alimento principale e che i solidi sono quasi un “di più”. L’OMS, così come tutte le altre associazioni internazionali, è chiara nel dire che il latte deve rimanere l’alimento principale per circa i primi 12 mesi di vita del bambino, per cui non c’è nessuna fretta di togliere poppate. L’interesse per il latte piano piano scemerà da solo e i solidi diventeranno sempre più centrali alla dieta del bambino. Chiaramente alcuni completeranno questo passaggio più rapidamente, altri più lentamente, altri MOLTO più lentamente, ma qual è il problema? Dopo tutto se a un bambino è permesso imparare a camminare quando è pronto, o a parlare quando se la sente, perché lo stesso principio non dovrebbe valere per il cibo?
Deficienze alimentari
Molto, troppo spesso se il bambino non mangia sempre un pasto perfettamente bilanciato ci presentano come spauracchio la deficienza da questo, la carenza da quell’altro, ecc. ecc.
Prendiamo ad esempio la tanto temuta carenza da ferro e vi chiedo cos’è meglio, forzare un bambino a mangiare quando non è ancora pronto o aspettare e, nella peggiore delle ipotesi, dargli un’integrazione di ferro SE E QUANDO tale carenza verrà riscontrata? Dopo tutto, anche se gli presenti il famoso pasto perfettamente bilanciato, se poi non lo mangia tutto che succede? Tutto il lavoro di bilanciamento se ne va nel secchio. E se ne vuole di più? Le variabili in gioco sono troppe per pensare di aver tutto sotto controllo (una delle grande illusioni che le mamme italiane hanno e sulla quale l’industria del baby food specula ampiamente), per cui limitiamoci a quello che possiamo veramente valutare, ovvero SE il bambino vuole effettivamente mangiare, NON QUANTO O COSA secondo noi dovrebbe ingerire.
Alimentazione complementare A RICHIESTA
Finora di cosa abbiamo parlato: abbiamo detto che le tabelle di introduzione degli alimenti non hanno basi scientifiche, che il metodo dello svezzamento “all’italiana” può essere considerato come opera di fantasia e che che l’industria del baby food non ha ragione di esistere. Inoltre abbiamo sottolineato che i solidi, fino al compimento dei 12 mesi, fanno da complemento al latte, NON da sostituto.
L’ultimo tassello che rimane per completare il mosaico dell’autosvezzamento (conosciuto anche come Alimentazione Complementare a Richiesta, o ACR) è ricordarsi che la richiesta del cibo deve venire dal bambino e non da terzi. Dopo tutto, se quello che mangia non ha molta importanza, se quando lo mangia non ha molta importanza e se quanto ne mangia non ha molta importanza, a che pro affannarsi affinché ne mangi almeno un po’ quando secondo ME (e non secondo il bambino) è arrivato il momento giusto? Tanto vale lasciare decidere a lui.
Anarchia o sviluppo naturale?
Messa così sembra una cosa esoterica e quasi anarchica, ma invece non c’è niente di più semplice e naturale… tuo figlio condivide la tavola con te (ebbene sì, chi fa pasti separati a mio avviso perde una bella fetta della vita dei propri figli) e quando meno te lo aspetti… ZAC e arraffa un pezzo di carne… ZAC e prende un pezzo di pane. All’inizio non saprà cosa farsene e ci giocherà… lo metterà in bocca, lo sputerà, ci farà (secondo il nostro punto di vista) schifezze inenarrabili, ma queste sono cose che fanno tutte parte dell’apprendimento. Poi magari per due-tre giorni o per una settimana o più sembrerà disinteressato a quello che succede a tavola, concentrandosi invece sulle ombre sul muro, giocando con il telefonino della mamma o il telecomando della TV. Ma poi vi distraete un attimo… e ZAC! riparte alla carica.
Una storia vera
Tanto per fare un esempio di vita vissuta, figlia due ha cominciato a mostrare interesse per i solidi a 5 mesi, mentre eravamo in aereo in viaggio per l’Italia, e ci ha rubato un torsolo di mela; se l’è ciucciato per un bel po’ e poi ce l’ha restituito. Queste ciucciate di frutta sono andate avanti a fasi alterne per circa 6 settimane e verso i 6 mesi e mezzo, quando oramai stava seduta e non aveva più un riflesso di estrusione troppo forte, ha cominciato a volere qualcosa di maggiormente sostanzioso. In altre parole, cosa è successo? Noi genitori sapevamo che da un momento all’altro avrebbe cominciato a mangiare qualcosa, ma abbiamo fatto un passo indietro aspettando che l’interesse venisse da lei. Noi ci limitavamo ad avere a portata di mano qualcosa che lei potesse afferrare qualora lo avesse desiderato e così è stato.
Allattati fino alla maggiore età?
A chi teme che se non si toglie il latte (più o meno) bruscamente si finirà ad allattare fino alla laurea chiedo: avete mai conosciuto qualcuno che continua ad alimentarsi solo di latte, non dico in età adulta, ma passati i 2-3 anni? Ne avete mai sentito parlare? Io no, e allora a che pro cercare di fare le cose a modo mio, quando posso lasciare che seguano il loro corso e vivere una vita molto più tranquilla?
- Autosvezzamento.it -

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